Numerosi ricercatori hanno identificato la possibilità che biomarcatori ematici clinicamente utili associati al TBI possano avere un impatto sul trattamento dei pazienti in PS
Numerosi ricercatori hanno identificato la possibilità che biomarcatori ematici clinicamente utili associati al TBI possano avere un impatto sul trattamento dei pazienti in PS
In un esaustivo articolo di review presente nella pubblicazione Proteomics - Human Diseases and Protein Functions, Exploring the Role of Biomarkers for the Diagnosis and Management of Traumatic Brain Injury Patients,il dottor Papa discute vari potenziali contributi positivi dei biomarcatori per TBI. Tali contributi potrebbero includere il miglioramento della stratificazione dei pazienti in base alla gravità del trauma; il rilevamento di microlesioni cerebrali non identificabili tramite TC; l'avanzamento della valutazione dei azienti sotto l'effetto di sostanze, non coscienti, sedati o politraumatizzati; e l'identificazione di pazienti a rischio di sviluppare sequele a lungo termine.1
In un articolo del 2019 pubblicato su The Lancet Neurology, Yue et al suggeriscono che l'uso di biomarcatori potrebbe migliorare i tempi e l'accuratezza della diagnosi, nonché guidare le strategie di trattamento e sorveglianza.2
Il potenziale impatto dell'uso di biomarcatori sulla cura di potenziali pazienti con TBI è ulteriormente descritto da Bazarian et al. In un articolo del 2018 pubblicato su The Lancet Neurology, i ricercatori sostengono che fino a un terzo delle scansioni TC del capo eseguite in contesto acuto per valutare il TBI potrebbe essere evitato, con un tasso di falsi negativi molto basso. Inoltre, l'uso clinico di biomarcatori potrebbe ridurre le scansioni TC del capo non necessarie e quindi l'esposizione alle radiazioni e il costo conseguenti.3
In un articolo del 2018 pubblicato su The Western Journal of Emergency Medicine, Michelson et al sostengono che la riduzione delle scansioni TC non necessarie in PS potrebbe migliorare le prestazioni di PS, accelerare il collocamento del paziente e ridurre la durata della degenza.4
Korley et al sottolineano l'importanza di trasformare il trattamento del TBI mediante il progresso diagnostico. In un articolo del 2015 pubblicato su The Journal of Head Trauma Rehabilitation,gli autori affermano che "... la necessità di nuovi strumenti diagnostici per ottimizzare l'accuratezza, l'efficienza e il rapporto costo-efficacia delle valutazioni [per TBI] costituisce un'importante preoccupazione di salute pubblica".5
TIl TBI influenza diversi meccanismi fisiopatologici del sistema nervoso centrale. I dosaggi di biomarcatori cerebrali possono rilevare proteine cerebrali specifiche e fornire informazioni oggettive e quantitative che contribuiscono alla valutazione del TBI.
“A seguito di un trauma cranico spesso le cellule cerebrovascolari endoteliali subiscono deformazioni meccaniche, nonché lesioni da sforzo di taglio, che portano a un'aumentata permeabilità della giunzione stretta e all'attraversamento della barriera emato-encefalica da parte di alcune molecole. Teoricamente, questi eventi dovrebbero portare a un aumento delle concentrazioni di molecole derivate dal SNC nel sangue e di molecole di provenienza ematica nel liquido cerebrospinale". 6
Affinché i biomarcatori abbiano un valore diagnostico in PS, devono possedere alcune caratteristiche essenzialil.7,8
La sensibilità del biomarcatore deve essere sufficientemente elevata da rilevare lesioni lievi
Livelli elevati di biomarcatori devono essere specifici per il trauma cranico
Rimani aggiornato sulla ricerca che riguarda i biomarcatori.
È stato dimostrato che l'idrolasi dell’ubiquitina C-terminale-L1 (UCH-L1), una proteina coinvolta nel metabolismo dell'ubiquitina, è elevata nel siero subito dopo un trauma del capo. È stato rilevato un aumento dei valori ematici di UCH-L1 nel siero di pazienti che hanno subito TBI lieve e moderato entro un'ora dalla lesione.9 9 I livelli misurati entro 4 ore dalla lesione erano significativamente più elevati nei pazienti con lesioni TBI rilevate dalla TC rispetto a quelli dei pazienti con aspetto intracranico normale alla TC.9 È stato dimostrato che i livelli ematici di UCH-L1 discriminano tra pazienti con mTBI e pazienti senza lesioni al capo.9 I valori di UCH-L1 sono risultati molto più elevati nei pazienti per cui è stato necessario un intervento neurochirurgico.9
Le prestazioni di classificazione per il rilevamento di lesioni intracraniche alla TC con un livello di cutoff di UCH-L1 pari a 0,09 ng/mL hanno prodotto una sensibilità del 100% (IC 95% 88-100), una specificità del 21% (IC 95% 13-32) e un valore predittivo negativo del 100% (76-100).9
L'enolasi neurone specifica (NSE) è un enzima presente nei corpi cellulari dei neuroni in tutto il sistema nervoso. È stato dimostrato che questo enzima è elevato nel siero dopo un trauma del capo.9 Diverse pubblicazioni descrivono l'utilità della NSE come marcatore di danno neuronale.9-11 Uno svantaggio segnalato dell'uso della NSE come marcatore specifico di TBI è la sua abbondante espressione nei globuli rossi,8 cosa che ha spinto i ricercatori a utilizzare una correzione per l'emolisi durante la misurazione della NSE ematica.12
Uno studio ha esaminato le prestazioni della concentrazione sierica di NSE entro 3 ore dalla lesione per l'identificazione di lesioni intracraniche nel TBI lieve, riscontrando una sensibilità del 56% e una specificità del 77%.13
La proteina fibrillare acida della glia (GFAP), una proteina strutturale degli astrociti, è stata rilevata nel siero poche ore dopo il trauma del capo.10 Inoltre, è stato dimostrato che tramite la GFAP è possibile distinguere in modo affidabile i pazienti traumatizzati con mTBI da quelli senza trauma del capo.10 I livelli ematici di GFAP sono risultati elevati nei pazienti con anomalie intracraniche traumatiche alla TC rispetto ai pazienti senza lesioni.10 La GFAP potrebbe anche essere utilizzata per prevedere quali pazienti richiedano un intervento neurochirurgico.10
Le prestazioni di classificazione per il rilevamento di lesioni intracraniche alla TC con un livello di cutoff di GFAP-BDP pari a 0,035 ng/mL hanno prodotto una sensibilità del 97% (IC 95% 82–100), una specificità del 18% (IC 95% 11–28) e un valore predittivo negativo del 94% (IC 95% 68–100).10
La proteina legante il calcio S100 B (S100β) è una proteina legante il calcio molto abbondante nelle cellule astrogliali del cervello. Diversi studi hanno riscontrato una correlazione significativa tra livelli ematici elevati di S100β e anomalie dell'imaging TC del cervello.14-16 Livelli sierici elevati di S100β sono stati associati a un'aumentata incidenza di sindrome post-concussiva e a compromissione transitoria della cognizione a seguito di trauma.14,17 Valutando la durata dei livelli elevati di S100β, si è riscontrato che i valori diminuivano più di 6 ore dopo la lesione.18
Uno svantaggio di S100β è rappresentato dalla sua scarsa sensibilità (61%) e specificità (77%),19 caratteristica che probabilmente limiterà la sua utilità clinica nel contesto di emergenza.7 Sono stati riscontrati valori elevati di S100β in pazienti con fratture e altre lesioni extracraniche.20-22 Inoltre, vari tipi di attività fisica influenzano la concentrazione di S100β in atleti apparentemente sani.23 Un altro potenziale fattore da considerare è rappresentato dalla scoperta che il colore della pelle influisce sulla concentrazione di S100β, fatto che gli autori dello studio ritengono possa essere correlato all'aumentata espressione di questa proteina da parte dei melanociti sani.23,24
I livelli di proteina Tau clivata (c-Tau) nel liquido cerebrospinale sono significativamente elevati dopo un TBI; tuttavia tali livelli nel sangue periferico non sono correlati alla presenza di lesioni traumatiche alla TC. Ciò probabilmente limiterà l'utilità di questo marcatore nella diagnosi di mTBI in PS.11,12
I livelli del prodotto di degradazione della spettrina (SBDP) sono aumentati nel sangue periferico in caso di TBI moderato e grave, tuttavia questo aumento non viene osservato nei pazienti con mTBI melanociti.25
I pazienti con mTBI hanno mostrato un aumento significativo dei livelli sierici di neurofilamenti iperfosforilati (p-NF) ai giorni 1 (P <0,001) e 3 (P <0,001),25 tuttavia, il ritardo di 6 ore tra l'insorgenza della lesione e l'aumento nei livelli ematici di p-NF potrebbe limitare l'utilità di questo biomarcatore come ausilio alla diagnosi in ambito acuto. 7
Un numero crescente di ricerche ha dimostrato che alcuni neuro-biomarcatori ematici hanno una maggiore utilità clinica di altri. Tre biomarcatori ampiamente studiati e associati a TBI sono S100β e GFAP, nell'astroglia, e UCH-L1, nei neuroni.
S100β:
GFAP e UCHL-1
Adattato da Papa et al. JAMA Neurol. 2016.
Bibliografia:
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